Emmanuele Cicogna (Calle). Vedi Trevisana.

Èrizzo o delle Belle Donne (Calle) a S. Francesco della Vigna. In «Calle Erizzo», nell'antico circondario di S. Ternita, possedeva alcune case nel 1661 il N. U. «Antonio Erizzo». Lo stemma della famiglia scorgesi scolpito all'ingresso della via.

Quanto al secondo nome, lo vuole il Berlan provenuto dal costume, che avevano, ed hanno tuttora, le giovani donne qui domiciliate, di sedere, lavorando, fuori della porta delle loro case. Ma in quella vece troviamo che qui nel 1740 abitava un «Marco Belladonna», pagando pigione al «N. U. Alvise Bon».

Emo (Calle) a S. Leonardo. Fino dal 1301 abitava la famiglia Emo in parrocchia di S. Leonardo, sebbene il di lei palazzo, che tuttora sussiste e che guarda col prospetto il «Canal Grande», dati da un'epoca molto posteriore. L'indicata famiglia ebbe origine in Grecia, quindi passò in Dalmazia, e finalmente a Venezia nel 997, ove si distinse in modo da essere, al chiudersi del Maggior Consiglio, compresa fra le famiglie patrizie. Un Pietro Emo fiorì nel 1628 come vescovo di Crema, e compose molti scritti. Sopra qualunque altro però rifulse l'ammiraglio Angelo Emo, il quale, come si esprime il Berlan, «parve volesse risuscitare i tempi dei Dandolo, dei Zeno, e dei Morosini, e li avrebbe risuscitati se al genio d'un uomo che non regna fosse dato di poter volgere i destini d'un popolo che corre ebbro alla sua rovina, condotto da un'orda di forsennati:

... si Pergama dextris

Defendi possent, satis hac defensa fuissent!

Egli morì nel 1792, e nel 1797 doveva cadere Venezia!»

La salma dell'Emo, trasportata da Malta, ove egli era morto, in patria, fu seppellita, nella chiesa dei Servi in marmoreo avello scolpito dal Ferrari Torretti. Soppressa quella chiesa, le ceneri gloriose col sarcofago furono trasportate nella chiesa di S. Martino, e di là in chiesa di S. Biagio, ove si custodiscono tuttora. Al valore dell'Emo la Repubblica fece erigere pure, sopra disegno del Canova, un cenotafio in una sala dell'Arsenale.

Un «Sottoportico» ed una «Corte Emo» abbiamo anche alla Giudecca e trovasi che nel 1537 un «Lunardo Emo», a cui apparteneva la casa da «statio» di S. Leonardo, possedeva pure 28 case, «tra pepian et in soler», nella parrocchia di S. Eufemia della Giudecca.

Era (Calle, Sottoportico dell') a S. Apollinare. Queste strade, soggette anticamente, al pari d'adesso, alla parrocchia di S. Silvestro, non devono chiamarsi dell'«Era», ma «Dolera», come negli Estimi. Una famiglia Dolera abitava in parrocchia di S. Silvestro anche nella seconda metà del secolo passato, e ne può far prova la seguente annotazione dei Necrologi Sanitarii: «24 ottobre 1765. M. Paolina di Cristoforo Dolera di g.ni 8 da sp.mo; L. Bosello - S. Silvestro».

Probabilmente la famiglia medesima diede il nome alla poco distante «Calle Dolera atorno el Brusà», malamente oggidì chiamata «Dolena».

Erbarol (Calle dell') a S. Apollinare. Un «erbarol», od erbajuolo, esercitava qui presso il proprio mestiere. Altre strade sono pel motivo medesimo egualmente appellate.

Pell'arte degli Erbajoli vedi Erberia (Sottoportico della).

Erbe (Campazzo delle) a Castello. Era veramente chiamato «Campiello dell'Erba», e la Descrizione della contrada di S. Pietro di Castello pel 1713, parlando di questo sito, fa la seguente annotazione: «Il terren di detto campiello viene asserito dai vicini essere stato una volta un orto». Anche a S. Sofia, non lungi dalla «Ruga dei due Pozzi», havvi un «Campo dell'Erbe», che dà il nome alle prossime località, e pur esso chiamavasi un tempo «Campo dell'Erba». Tali strati erbiferi erano frequentissimi nei primi tempi in Venezia, e benché dipendessero dalla lentezza nel fabbricare, venivano talvolta appositamente lasciati nella loro primitiva condizione per pascere i cavalli e l'altro bestiame.

Una «Fondamenta», un «Ponte», ed una «Calle dell'Erbe» abbiamo pure a S. Marina, le quali strade, unitamente alla «Fondamenta dell'Erbe» a S. Polo, ed al «Sottoportico» e «Calle dell'Erbe» alla Giudecca, desunsero il nome da una circostanza diversa, cioè dagli stazii d'erbaggi che colà si trovavano nel secolo decorso.

Appiedi del «Ponte dell'Erbe» a S. Marina sorge il palazzo Pisani, di stile archiacuto, più volte rammentato, per le feste che vi si tenevano, nei «Diari» del Sanudo, e, sul finire della «Fondamenta», il palazzo archiacuto originariamente Soranzo, indi Sanudo, ed ora Vanaxel.

Sulla «Fondamenta dell'Erbe» a S. Marina abitava, ed aveva studio Giuseppe Torretti scultore, maestro del Canova.

Erberia (Sottoportico della) a Rialto. L'«Erberia» è una Fondamenta ove approdano, e si vendono all'ingrosso gli erbaggi, e le frutta, provenienti dall'isole vicine, e dalla terra ferma. Esisteva fino dal secolo XIII, e nel 1398 fu selciata in pietra, mentre prima era di legno. L'arte degli Erbaiuoli formava un colonnello di quella dei Fruttaiuoli, e nel 1773 aveva 122 botteghe, 11 posti chiusi, ed 89 inviamenti. A quest'arte nel 1581 fu concesso un altare nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, il quale prima era dei «Burchieri», e poscia servì ad uso dei «Linaroli».

Eremite (Fondamenta, Ponte, Rio, Calle e Sottoportico, Calle delle) ai SS. Gervasio e Protasio. Alcune eremite Agostiniane, che prima occupavano alcune cellette, poste sopra la chiesa dei SS. Ermagora e Fortunato, tradottesi in questo sito nel 1693, vi fabbricarono un convento, ed una piccola chiesa sotto il titolo di Gesù, Giuseppe e Maria. Questa nel 1810 fu chiusa, ed il convento soppresso. I fratelli sacerdoti Cavanis, che fondarono, presso la chiesa di S. Agnese una Scuola di Carità pei maschi, diretta dalla Ecclesiastica Congregazione sotto gli auspici di S. Giuseppe Calasanzio, fondarono pure nel locale già occupato dall'Eremite altra scuola per le femmine, la quale venne affidata alle Canossiane con istrumento 2 luglio 1863.

Nel convento delle Eremite visse ritirata Laura vedova del doge Giovanni II Corner. Essa morì il 3 maggio 1729.

Èrizzo (Ramo primo, Calle, Ramo, Corte) alla Maddalena. Il palazzo Erizzo, che ha il prospetto sul «Canal Grande», è di stile archiacuto, e sembra eretto nel secolo XV. In esso scorgevansi alcune pitture del cav. Celesti, rappresentanti i fatti di Paolo Erizzo, martire della patria. Era Paolo podestà di Calcide, ed assediato nel 1469 dai Turchi, si arrese, salva la vita, ma, per ordine di Maometto II fu fatto segare per mezzo. Dicesi pure che Anna, figliuola di Paolo, donzella di singolare bellezza, condotta, dopo la morte del padre, innanzi il medesimo Maometto, sprezzasse con animo invitto le di lui libidinose proposte, sicché il tiranno di propria mano la trucidasse. Alcuni storici moderni però hanno messo qualche dubbio, e non senza fondamento, sull'esistenza di questa eroina. In ogni modo né Paolo né Anna possono essere nati, come vorrebbe il Zanotto, in questo palazzo della Maddalena, poiché esso, come è provato dagli Estimi, e dallo stemma tuttora visibile nell'interno cortile, apparteneva anticamente ai Molin, e pervenne negli Erizzo in virtù soltanto del matrimonio contratto nel 1650 fra Giacomo Erizzo e Cecilia Molin. La famiglia Erizzo venne dall'Istria nell'805, e già nel 1050 era del Consiglio. Vanta un doge per nome Francesco, eletto nel 1631, il quale nel 1633 si fece erigere un ricco mausoleo nella chiesa di S. Martino, ove, venuto a morte nel 1646, fu tumulato colla propria armatura.

Altre vie presero il nome dalla famiglia Erizzo, fra cui giova rammentare il «Ponte», «Calle», e la «Calle dietro Erizzo» a S. Martino, vie prossime al palazzo ove nacque il doge Francesco. In questo palazzo radunavasi l'accademia Erizzo fondata da prima in casa Farsetti, e quindi nel 1787 qui trasportata per cura dei NN. UU. Andrea e Guido Erizzo, i quali ne erano soci. Tale accademia, che occupavasi in economia politica e giurisprudenza, durò sino allo estinguersi della Veneta Repubblica.

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